Quanto è
difficile organizzare i contenuti di uno scritto, anche se si tratta di un
semplice e umile “diario di bordo”. Ciò che più mi affascina ed esalta sono le
innumerevoli possibilità che si presentano quando una persona si addentra in un
proprio studio: la sensazione di poter scegliere liberamente da quale argomento
iniziare, quale approfondire di più, quale tralasciare momentaneamente per poi
riprenderlo in seguito, questa sensazione è a dir poco appagante. La volontà e
la libertà di conoscere sono in grado di far levitare l’uomo su un oceano privo
di confini, che nelle sue sfumature celesti si confonde con la volta celeste;
…e 'l naufragar m'è dolce in questo mare.
Essendo alcuni aspetti della mia personalità fortemente influenzati da tratti
maniacali, fin da quando mi sono interessato alla musica ho sentito il bisogno
di dare un ordine razionale al mio nuovo interesse, che, forse ingenuamente,
preferisco chiamare “studio”; uno studio comunque animato e sostenuto dalla
semplice curiosità: niente di specifico e realmente scientifico. Tuttavia,
ripercorrere l’intero cursus della
mia breve esperienza con la musica risulterebbe noioso e vano.
Ecco perché, quando è nata in me una spasmodica voglia di scoprire e conoscere
la musica elettronica anni ’90, ho subito dopo rivolto i miei occhi a strambi e
misteriosi personaggi come John Cage, Karlheinz Stockhausen ed Edgard Varèse,
già presenti in alcuni meandri della mia memoria, conoscendoli come tra i primi
sperimentatori di musica elettronica; ma in realtà mi stavo per affacciare su
un paesaggio molto più vasto di quanto potessi aspettarmi.
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