venerdì 13 settembre 2013

Die Kunst Der Geräusche (2000, WERGO)

1. Die Kunst Der Geräusche (2000)

Sebbene ci sia rimasto poco o niente delle composizioni di Luigi Russolo e in seguito l’Intonarumori, l’Arco enarmonico e le altre invenzioni del futurista italiano siano state quasi del tutto dimenticate una casa discografica tedesca underground (WERGO), facendo un bel lavoro di ricerca, ha pubblicato nel 2000 una raccolta di registrazioni originali e interessanti di composizioni per Intonarumori e co. 
Beh, il primo ascolto di questo viaggio conoscitivo, che credo durerà per molto tempo, non è stato propriamente familiare e molto semplice: la prima volta che mi sono accinto ad ascoltare questa raccolta erano circa le due del mattino e appena appena il Crepitatore, della famiglia degli Intonarumori, ha cominciato a produrre il suo sinistro crepitio ho fermato tutto, pensando fosse più opportuno continuare l'ascolto il giorno dopo, quando mi sarei svegliato in una mattina assolata. 
Il brano di apertura è giustamente l’immancabile e l’indimenticabile Risveglio di una Città composta da Luigi Russolo, in cui l’orchestra dei vari Intonarumori riesce nel tentativo di far immergere l’ascoltatore in un’ambientazione mattutina tipica di quell’epoca con tutti i nuovi rumori dell’industrializzazione capitalista: fabbriche, automobili, aerei, ecc. 
Il primo brano dell’album viene poi spezzettato in vari frammenti, ciascuno dei quali offre l’ascolto di un particolare Intonarumori: in questo modo possiamo comprendere più facilmente quali Intonarumori sono presenti nel Risveglio di una Città.
I due successivi brani sono le uniche registrazioni che rimangono delle composizioni di Antonio Russolo, fratello di Luigi. In Corale e in Serenata (entrambe datate 1921), rumore e musica per orchestra vengono fusi insieme, sebbene gli Intonarumori abbiano un ruolo piuttosto marginale, come se dovessero rimarcare solo alcuni punti precisi della composizione dando loro, tuttavia, un che di oscuro e irrequieto. In effetti sembra che le registrazioni siano state fatte all’aperto durante un temporale. 
Seguono poi tre brani di altri tre futuristi contemporanei di Russolo:
Un frammento del celebre L’Aviatore Dro di Balilla Pratella finita di comporre nel 1920 e rappresentata per la prima volta quell’anno; Canzone Futurista, arrangiata da Luigi Russolo e nella quale gli Intonarumori, pianoforte e violino accompagnano una voce femminile che declama una poesia futurista composta da Fortunato Depero; e poi Macchina Tipografica di Giacomo Balla del 1914, in cui ben dodici voci avevano il compito di simulare i rumori prodotti da una macchina tipografica. Gli interpreti non vennero meccanizzati solamente nel loro ruolo musicale ed esecutivo, ma anche nel contesto scenografico, Balla infatti li aveva disposti in modo da formare delle figure geometriche: sei formavano una linea retta, mentre gli altri una circonferenza. 
La raccolta si chiude poi con un omaggio a Luigi Russolo scritto dal compositore italiano Riccardo Santoboni e cantato da Rossana Maggia: un bel connubio tra Intonarumori e voce.
 
                                         

martedì 10 settembre 2013

Luigi Russolo e l'Intonarumori

Russolo è l'ultimo a sinistra, con accanto
Carrà, Marinetti, Boccioni e Severini.
Non ho mai nutrito particolari simpatie per la corrente artistica del futurismo e tanto meno per il fascismo, e infatti non fu di poco conto il mio dispiacere quando scoprii che un personaggio interessante e così importante per lo sviluppo della musica moderna e contemporanea come Luigi Russolo era un futurista; per di più proprio uno di quei cinque ometti che compaiono nella storica foto, usata spesso come simbolo del futurismo italiano stesso. Eppure, con mia grande sorpresa e felicità ho poi scoperto che Luigi Russolo fu proprio uno di quei pochissimi futuristi a non aderire al fascismo; che fortuna! È innegabile la grandezza della rivoluzione musicale attuata da Luigi Russolo, che può essere considerato l’antenato ancestrale della musica noise e della musica concreta, colui che ha ideato una concezione nuova di musica, che si discostava totalmente dalla concezione tradizionale: Russolo nei suoi manifesti di musica futurista attribuiva finalmente un valore musicale al rumore, ai rumori meccanici e grigi dell’Europa industrializzata.
Russolo non si limitò a teorizzare questa nuova musica, ma si dedicò anche alla sua praxis inventando nel 1913 il celebre Intonarumori: una famiglia di particolari strumenti tutti formati da una scatola in legno in cui erano presenti lastre, corde e ingranaggi metallici collegati tra loro; una tromba, simile a quella del grammofono, posta sulla parte anteriore dello strumento fungeva da amplificatore, mentre il suono veniva modulato dai musicisti attraverso l’uso di una leva. Successivamente, intorno al 1922, Russolo costruì il Rumorarmonio, ovvero una tastiera con la quale era possibile riprodurre i suoni provenienti da diversi Intonarumori, nel 1925 fece brevettare poi l’Arco enarmonico, con cui era possibile ricavare dei rumori metallici dai normali strumenti ad arco, e infine nel 1931 costruì il Piano enarmonico: qualcosa di paragonabile al piano preparato che sarà consacrato ufficialmente da John Cage nel 1940. Purtroppo gli Intonarumori di Luigi Russolo furono distrutti durante la Seconda Guerra Mondiale a causa di un bombardamento e di tutte le sue composizioni è rimasto solamente il primo movimento di una trilogia per orchestra di Intonarumori: Risveglio di una città. Altre esigue testimonianze degli Intonarumori sono le due registrazioni di Antonio Russolo, fratello maggiore di Luigi: Corale e Serenata. Sebbene l’esperienza musicale di Luigi Russolo sia alla base della musica noise e della musica concreta e sia stata di grande ispirazioni per numerosi compositori avanguardisti della prima metà del Novecento, in primis forse Edgard Varèse, purtroppo è un’esperienza che è andata quasi completamente perduta. 

sabato 7 settembre 2013

Telharmonium

Il primo grande Gigante.


L’antenato più antico del sintetizzatore moderno è probabilmente il cosiddetto Telegrafo musicale, inventato da Elisha Gray già nel 1876. Tuttavia il primo strumento elettronico musicale rilevante fu il Telharmonium di Thaddeus Cahill. Inventato intorno al 1897, il Telharmonium aveva delle dimensioni mastodontiche e il suo peso era di circa duecento tonnellate. Sebbene i segnali prodotti dalle 145 dinamo di cui era composto fossero controllati da varie tastiere di sette ottave, che venivano suonate a quattro mani, il suono era molto debole e non poteva essere amplificato, dati i livelli di sviluppo ancora rudimentali dell’elettronica. Il Telharmonium veniva usato per suonare musica classica, ma una serie di fattori ne causarono l’inevitabile declino: oltre alla già detta mole smisurata, che rendeva il trasporto dello strumento una vera e propria impresa (c’era bisogno di un treno), bisogna ricordare la difficoltà per i musicisti dell’epoca di familiarizzare con uno strumento simile: errori di esecuzione non erano rari, mentre problemi di natura meccanica spesso rendevano il suono prodotto persino sgradevole da ascoltare. Il Telharmonium sprofondò nell’ombra con l’avvento dell’amplificazione e della radio, tuttavia esso rappresenta allegoricamente la genesi della musica elettronica, fungendo da fonte di ispirazione per il compositore italiano Ferruccio Busoni nel comporre il saggio “Schema di una nuova estetica della musica”, da cui furono influenzati i futuri lavori di personaggi come Edgard Varèse e Luigi Russolo.
Interno del Telharmonium

venerdì 6 settembre 2013

Musica elettronica. Cioè?


È chiaramente tautologico considerare la “musica elettronica” come quella particolare forma di musica i cui suoni sono prodotti e modificati da strumenti o apparecchiature elettroniche, sebbene questo sia universalmente vero.
La musica elettronica, citando lo storico e critico musicale Armando Gentilucci, rappresenta empiricamente l’esperienza compositiva dei primi decenni del Novecento che ha contribuito ad ampliare il campo delle possibilità foniche e dei processi di composizione. Soffermiamoci un attimo a riflettere: l’elettronica, una volta che fu introdotta in ambito musicale, ebbe la sconvolgente conseguenza di annichilire quasi del tutto il passato, rendere nulle le tradizioni classiche della musica come si conosceva all’inizio del secolo: grazie all’elettronica non c’era più bisogno di un pentagramma su cui annotare le note di una composizione, in quanto diveniva possibile registrare tutto su un nastro magnetico, non c’era più bisogno, volendo essere drastici, di nessuno strumento musicale perché apparecchiature come i generatori d’onde si dimostravano capaci di produrre persino suoni che prima non erano neanche immaginabili.
Per quanto possa sembrare azzardato e paradossale, la musica elettronica è una delle pochissime forme di musica attuale ad essere legata agli ultimi sviluppi della musica classica d’inizio secolo, rappresentando proprio il proseguimento di quella evoluzione del linguaggio musicale già in atto ancora prima della costruzione dei primi strumenti elettronici.

Ecco perché, prima ancora di introdurre i primi, veri e propri esperimenti di musica elettronica degli anni ’40, appare necessario discutere sia delle grandi invenzioni elettroniche di fine Ottocento e inizio Novecento sia di quei compositori classici che hanno fatto uso di alcune di queste invenzioni.

giovedì 5 settembre 2013

Preambolo

Quanto è difficile organizzare i contenuti di uno scritto, anche se si tratta di un semplice e umile “diario di bordo”. Ciò che più mi affascina ed esalta sono le innumerevoli possibilità che si presentano quando una persona si addentra in un proprio studio: la sensazione di poter scegliere liberamente da quale argomento iniziare, quale approfondire di più, quale tralasciare momentaneamente per poi riprenderlo in seguito, questa sensazione è a dir poco appagante. La volontà e la libertà di conoscere sono in grado di far levitare l’uomo su un oceano privo di confini, che nelle sue sfumature celesti si confonde con la volta celeste;
                          
                         …e 'l naufragar m'è dolce in questo mare.


Essendo alcuni aspetti della mia personalità fortemente influenzati da tratti maniacali, fin da quando mi sono interessato alla musica ho sentito il bisogno di dare un ordine razionale al mio nuovo interesse, che, forse ingenuamente, preferisco chiamare “studio”; uno studio comunque animato e sostenuto dalla semplice curiosità: niente di specifico e realmente scientifico. Tuttavia, ripercorrere l’intero cursus della mia breve esperienza con la musica risulterebbe noioso e vano.
Ecco perché, quando è nata in me una spasmodica voglia di scoprire e conoscere la musica elettronica anni ’90, ho subito dopo rivolto i miei occhi a strambi e misteriosi personaggi come John Cage, Karlheinz Stockhausen ed Edgard Varèse, già presenti in alcuni meandri della mia memoria, conoscendoli come tra i primi sperimentatori di musica elettronica; ma in realtà mi stavo per affacciare su un paesaggio molto più vasto di quanto potessi aspettarmi.